“La collocazione dei 14 mila abilitati e specializzati all’estero in coda alle graduatorie provinciali di supplenza non può essere la risposta al problema del loro mancato riconoscimento del titolo”: a dichiararlo è Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief. Il sindacalista ritiene che se il ministero dell’Istruzione e del Merito non è in grado di ratificare in tempi congrui il riconoscimento del titolo conseguito fuori Italia, allora non può scaricare le conseguenze sui precari.
“Non può essere una ‘colpa’ essere stati costretti ad iscriversi ad un corso abilitante o specializzante su sostegno all’estero, visto che in Italia scarseggiano o sono attivati per un numero irrisorio di precari – continua Pacifico -: siamo al paradosso, tra l’altro, che questa mancata autorizzazione dei titoli andrà a creare problemi pure sulla didattica”.
Il sindacato autonomo ha dedicato uno 50 emendamenti al decreto legge PA 44/2023, migliorativi del teso pubblicato in Gazzetta Ufficiale a fine aprile, proprio alla stabilizzazione di chi si è abilitato su disciplina e specializzato su sostegno all’estero. “Crediamo molto in questo emendamento. È chiaro che se la Camera non dovesse approvarlo noi non ci fermeremo qui: è pronto un maxi-ricorso – continua Pacifico – su cui pesa moltissimo anche il dato inequivocabile delle oltre 200mila supplenze annuali che ogni anno i nostri Uffici scolastici stipulano con i precari inseriti nelle varie graduatorie. L’Anief l’ha chiesto anche in audizione, sempre alla Camera qualche giorno fa: il sindacato non può tollerare le discriminazioni in atto verso chi ha conseguito titoli all’estero, né si può pensare di coprire in questo modo i ritardi dell’amministrazione nell’esaminare e approvare migliaia di istanze di equiparazione per l’inserimento nelle graduatorie e per le immissioni in ruolo. Noi – conclude il presidente Anief – continuiamo a dare la possibilità ai docenti abilitati e specializzati all’estero di presentare ricorso contro la mancata possibilità di essere assunti nei ruoli dello Stato”.