Assunzioni, blocco del turnover del 25%

La Legge di Bilancio 2025, approvata definitivamente dal Parlamento, introduce una serie di misure destinate a vari settori, tra cui l’istruzione. Tuttavia, una delle disposizioni più controverse riguarda il turn over del personale scolastico, che ha suscitato un ampio dibattito tra le istituzioni, i sindacati e le famiglie. La legge prevede significative riduzioni nel numero di assunzioni nel settore pubblico, con impatti diretti sul personale docente e ATA delle scuole.

Le misure generali sul turn over nel settore pubblico

Il comma 823 della Legge di Bilancio stabilisce una riduzione del 25% del turn over per le pubbliche amministrazioni con più di 20 dipendenti a tempo indeterminato. Questo significa che, per il 2025, le assunzioni a tempo indeterminato saranno possibili solo entro un limite di spesa pari al 75% di quella relativa al personale cessato nell’anno precedente. Una misura che si inserisce in un contesto di contenimento della spesa pubblica, con l’obiettivo di limitare i costi legati alle assunzioni, ma che ha suscitato preoccupazioni soprattutto nei settori che dipendono da un personale altamente specializzato, come quello scolastico.

Le riduzioni nell’organico scolastico: un colpo per la scuola pubblica?

Nell’ambito della Legge di Bilancio, uno dei punti più discussi è rappresentato dalla riduzione dell’organico scolastico. Il comma 828 prevede, a partire dall’anno scolastico 2025/2026, la soppressione di 5.660 posti nell’organico dell’autonomia per il personale docente. Una decisione che si inserisce nel contesto del calo demografico e delle modifiche alle necessità educative, ma che solleva dubbi riguardo alla capacità delle scuole di far fronte alle crescenti sfide educative degli studenti.

Inoltre, la legge prevede una riduzione di 2.174 posti per il personale ATA, che si concretizzerà a partire dall’anno scolastico 2026/2027. Per questa categoria, la legge rimanda a un decreto ministeriale la revisione dei criteri e dei parametri per la definizione dell’organico ATA, in modo da adattare meglio la distribuzione delle risorse in base alle esigenze specifiche di ciascun istituto. Un DPCM (Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri) potrà anche rimodulare le riduzioni previste per il personale docente e ATA, sempre nel rispetto dell’invarianza finanziaria.

Le motivazioni della misura: contenimento della spesa pubblica

La relazione tecnica allegata alla Legge di Bilancio spiega che la riduzione del turn over del 25% è una misura in linea con l’obiettivo di contenimento della spesa pubblica, soprattutto per quanto riguarda le assunzioni a tempo indeterminato. Il provvedimento prevede un risparmio significativo: 88 milioni di euro nel 2025 e ben 266 milioni di euro (oltre il 50% del totale) nel 2026. Tuttavia, queste cifre non sono state sufficienti a placare le critiche, in quanto molti ritengono che tali risparmi non giustifichino i possibili danni al sistema scolastico pubblico, già messo a dura prova da un sistema educativo sempre più complesso e con risorse in continua riduzione.

Le polemiche e le preoccupazioni del mondo scolastico

La decisione di ridurre il personale docente e ATA è stata accolta con grande preoccupazione da sindacati, associazioni di genitori e dirigenti scolastici. La principale critica riguarda il fatto che la riduzione dei posti di lavoro potrebbe compromettere la qualità dell’insegnamento, aumentare il carico di lavoro per il personale rimasto e aggravare la situazione in quelle scuole che già faticano a soddisfare le crescenti esigenze degli studenti, soprattutto nelle aree più svantaggiate. Inoltre, molti esperti temono che la diminuzione del personale ATA possa compromettere il funzionamento quotidiano delle scuole, aumentando i disagi per le famiglie e riducendo il supporto necessario per studenti con bisogni educativi speciali.

Un equilibrio difficile da trovare

La Legge di Bilancio 2025 riflette il tentativo del governo di ridurre la spesa pubblica, ma il suo impatto sul sistema educativo sta suscitando polemiche e preoccupazioni legittime. Se da un lato la misura mira a contenere i costi, dall’altro rischia di avere effetti negativi sulla qualità dell’istruzione, sul benessere degli studenti e sul lavoro del personale scolastico. La sfida per il governo sarà quella di trovare un equilibrio tra il contenimento della spesa e la salvaguardia di un sistema educativo di qualità, in grado di rispondere alle esigenze della popolazione scolastica in continua evoluzione.

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