Carta docente, mille euro riconosciuti a un precario

“Al fine di scongiurare un possibile contrasto con le disposizioni costituzionali degli artt. 3, 35 e 97 della Costituzione, sia sotto il profilo della discriminazione a danno dei docenti non di ruolo sia per la lesione del principio di buon andamento della P.A., è necessario interpretare la normativa sopra riportata nel senso che tutto il personale docente (e non solo quello di ruolo) debba poter conseguire un livello adeguato di aggiornamento professionale e di formazione, onde garantire la qualità dell’insegnamento complessivo fornito agli studenti”: a scriverlo è Stato il Consiglio di Stato con sentenza n. 1842 del 2022, scongiurando quindi qualsiasi dubbio sulla possibilità che la Carta del docente possa essere negata al personale docente precario, così come (in modo evidentemente erroneo) ha deciso il legislatore della riforma Buona Scuola del 2015 che ha introdotto la formazione obbligatoria e strutturale con il supporto della card annuale da 500 euro da destinare solo agli insegnanti di ruolo.

A riprendere la sentenza del Consiglio di Stato sono oramai tutti i tribunali di Italia che stanno esaminando decine di migliaia di ricorsi prodotti dai docenti rimasti esclusi in modo illegittimo: non poteva fare diversamente anche il giudice del lavoro di Trapani, che ha dato piena ragione al ricorso prodotto dai legali Anief in difesa di una insegnante con due supplenze annuali, “negli anni scolastici 2022/2023 e 2023/2024” poiché ha svolto, si legge nel ricorso, “mansioni identiche rispetto a quelle attribuite al personale a tempo indeterminato”. Dopo avere inquadrato la richiesta e “il nodo centrale della controversia in esame, caratterizzata da una spiccata serialità, verte sulla spettanza del beneficio in esame ai docenti a tempo determinato”, il giudice è giunto alla inevitabile conclusione che le posizioni delle diverse aule di giustizia, tutte favorevoli ai precari, non possono essere contraddette: quindi ha condannato il Ministero a pagare al docente 1.000 euro.

Tra queste, ha citato ancora il Consiglio di Stato, il quale “prescindendo dalla questione della riconducibilità della Carta del docente alle “condizioni di impiego” di cui alla clausola 4 dell’Accordo quadro allegato alla direttiva n. 1999/70/CE – con sentenza n. 1842/2022 che ha mutato il suo precedente orientamento”, ha detto che “al fine di scongiurare un possibile contrasto con le disposizioni costituzionali degli artt. 3, 35 e 97 della Costituzione, sia sotto il profilo della discriminazione a danno dei docenti non di ruolo sia per la lesione del principio di buon andamento della P.A., è necessario interpretare la normativa sopra riportata nel senso che tutto il personale docente (e non solo quello di ruolo) debba poter conseguire un livello adeguato di aggiornamento professionale e di formazione, onde garantire la qualità dell’insegnamento complessivo fornito agli studenti (cfr. Cons. Stato n. 1842/2022)”.

Quindi ha ricordato la Cassazione, che con la sentenza “n. 29961/2023 resa a seguito di rinvio pregiudiziale ex art. 363-bis c.p.c. del Tribunale di Taranto, ha definitivamente chiarito che “l’art. 1, co. 121 della L. 107/2015 deve essere disapplicato, in quanto si pone in contrasto con la clausola 4 dell’Accordo quadro allegato alla direttiva 1999/7c0/CE, nella parte in cui limita il riconoscimento del diritto alla Carta Docente ai solo insegnanti di ruolo e non lo consente rispetto agli insegnanti incaricati di supplenze annuali (art. 4, co. 1, L. 124/1999) o fino al termine delle attività didattiche (art. 1, co. 2, L. 124/1999). Il che comporta, di converso, l’affermazione del principio per cui anche a tali docenti spetta ed in misura piena quello stesso beneficio”. Sulla scorta di tali premesse, la Suprema Corte ha enunciato il seguente principio di diritto: “La Carta Docente di cui all’art. 1, comma 121, L. 107/2015 spetta ai docenti non di ruolo che ricevano incarichi annuali fino al 31.8, ai sensi dell’art. 4, comma 1, L. n. 124 del 1999 o incarichi per docenza fino al termine delle attività di didattiche, ovverosia fino al 30.6”.

Non da meno, infine, è stata l’ordinanza con cui nel 2022 la Corte di Giustizia Europea ha affermato che è incompatibile con l’ordinamento comunitario la norma che preclude ai docenti precari il diritto di avvalersi dei 500 euro della carta per l’aggiornamento e la formazione del docente del docente: “La clausola 4, punto 1, dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, concluso il 18 marzo 1999, che figura nell’allegato della direttiva 1999/70/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, relativa all’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato, deve essere interpretata nel senso che essa osta a una normativa nazionale che riserva al solo personale docente a tempo indeterminato del Ministero dell’istruzione, e non al personale docente a tempo determinato di tale Ministero, il beneficio di un vantaggio finanziario dell’importo di EUR 500 all’anno, concesso al fine di sostenere la formazione continua dei docenti e di valorizzarne le competenze professionali”.

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