“È un mercato indecente quello delle certificazioni false – dichiara Ivana Barbacci, segretaria generale della CISL Scuola – per ragioni che non hanno bisogno di tante parole per essere spiegate, perché sono di tutta evidenza”.
“La vicenda portata alla ribalta delle cronache dall’inchiesta di Fanpage, dopo quella di Tuttoscuola sui diplomifici – continua Ivana Barbacci – sollecita interventi non più rinviabili per affrontare e risolvere problemi che, come molti osservano, si trascinano da tempo. Una circostanza che rende ancor più urgente intervenire: come CISL Scuola daremo ogni appoggio necessario ad azioni che intervengano con severità sia verso chi vende titoli fasulli, sia verso chi li compra e se ne avvale a danno di altre persone ingiustamente scavalcate nelle graduatorie da cui si fanno assunzioni”.
Condivisibile, per la CISL Scuola, l’impegno ribadito dal ministro ad agire in via preventiva, rendendo più stringenti i criteri di accreditamento dei soggetti che operano in ambito formativo.
“Occorre vigilare attentamente – è la richiesta della segretaria generale CISL Scuola – sulla qualità dei percorsi formativi che danno accesso all’insegnamento, lo abbiamo sempre sostenuto anche in altre situazioni, come nel contenzioso aperto sui titoli conseguiti all’estero, sui quali il Consiglio di Stato ha imposto al Ministero precisi obblighi di verifica sulla congruenza dei percorsi in base ai quali sono stati rilasciati”.
“Non c’è e non c’è mai stata alcuna acquiescenza da parte della CISL Scuola – afferma Ivana Barbacci – verso la proliferazione di certificati fasulli, come qualcuno sta insinuando, con una sorta di chiamata di correità dei sindacati che, per quanto riguarda la mia organizzazione, respingo con tutte le mie forze. Quando poi si tenta di giustificare quelle insinuazioni richiamando le nostre critiche a un reclutamento basato solo sui concorsi per esami, si dà prova di grande disonestà intellettuale. I titoli di cui vorremmo si tenesse conto nel secondo canale di reclutamento sono quelli di servizio, non certi quelli prodotti e raccattati in modo fraudolento. Quella che chiediamo di riconoscere e valorizzare è l’esperienza di lavoro, spesso pluriennale, maturata dal personale precario, senza il cui operato la scuola non sarebbe in grado di funzionare, visto che sfiorano il 20% della forza lavoro”.
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